Intervista: l'Albero

Intervista: l'Albero

Articolo/intervista contribuito da Ines Chadri di Futura 1993, il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro. Photo credit: Francesco Marchi

Le nuove radici del pop, intervista a l'Albero

Mobile e allo stesso tempo fisso è l'Albero, nome d'arte di Andrea Mastropietro.

Con il suo nuovo disco Solo al Sole uscito lo scorso 13 Novembre, l'artista ci riposiziona in uno spazio e tempo nostalgico. Con una ventata di positività sonora, sincera e discorsi calibrati al dettaglio ci regala la giusta ispirazione per fare una pausa dai rumori a cui siamo abituati.

Solo al Sole è anche il nome di un brano nel disco, e racchiude perfettamente lo stato d'animo dell'album. Disorientati, ci si lascia guidare da una base spensierata ed un discorso introspettivo complicato: il risultato è equilibrato con una nota vintage.

Dietro a tutto il suo percorso artistico, l'Albero è influenzato dalla scena brit e il cantautorato italiano dei tempi d'oro, ha la capacità di spaziare in diversi generi senza mai allontanarsi dal suo stampo personale ed autentico. Un'esperienza personale poetica che diventa collettiva come il ramo solo di un albero che poi, al sole, fiorisce.

Mentre aspettiamo l'occasione per vederlo live, l'Albero ha risposto ad alcune nostre domande.

Ciao Andrea! L’Albero è lo pseudonimo dietro al tuo nome, ma è anche una figura simbolica molto importante: per te che senso ha?

Ciao ragazzi! Ho scelto questo nome perchè penso che gli alberi siano come le persone. Essi hanno una parte visibile, quella più appariscente formata dal tronco, i rami e le foglie; poi possiedono una parte nascosta che li ancora fortemente alla terra, essa è fatta dalle radici, le quali a volte possono estendersi per molto in profondità. Credo che ci sia una forte similitudine con noi esseri umani. Abbiamo una parte più esteriore, la parte della socialità, quella che mostriamo al mondo esterno, e come gli alberi abbiamo invece il nostro lato più nascosto e misterioso, quello che decidiamo di mostrare solo ad alcuni, o a nessuno. Inoltre, tralasciando per un attimo la sola bellezza degli alberi, che basterebbe per motivare la scelta del mio pseudonimo, essi sembrano tendere in altezza verso il cielo da un lato, e dall'altro invece sono legati al terreno. Anche questo dualismo mi sembra sia in comune con gli essere umani, i quali si dividono tra le passioni e i desideri più carnali e materiali e aspirazioni più alte, spesso irraggiungibili, come l'utopia per esempio.

Com’è stata la transazione da una carriera con il gruppo The Vickers ad un percorso solista?

Direi che è stata una transizione abbastanza naturale e spontanea. Il mio primo disco in italiano sotto lo pseudonimo "l'Albero" dal nome "Oltre quello che c'è" (2016) è una fotografia esatta di quel momento di passaggio. La cosa che mi ha impiegato più sforzo e tempo è stata quella di adeguarsi alla scrittura in italiano che è una lingua con suoni molto diversi da quella inglese, spesso infatti è ritenuta essere meno musicale. Credo però di aver fatto la scelta giusta per comunicare ciò che avevo in mente. Quando hai un progetto solista sei inevitabilmente più personale rispetto allo stare in band, avevo bisogno di dire delle cose nella mia lingua, senza filtri, desideravo essere più diretto e per questo dovevo usare l'italiano. L'esperienza fatta con i Vickers è fondamentale e determina anche quello che sono oggi, non saprei immaginarmi senza quel passato, mi ha dato l'opportunità di suonare in giro per l'Europa in grandi festival come il Primavera Sound di Barcellona, di conoscere persone speciali e capire le varie realtà musicali europee.

Nel video ufficiale di Solo al Sole, in mezzo ai campi, suoni diversi strumenti e forse è indirettamente una panoramica sul tuo processo creativo, infatti tutte le canzoni sono state scritte, arrangiate e prodotte da te. Come pensi abbia influito sul risultato finale ovvero sul disco?

Mi piace suonare diversi strumenti, amo il basso per esempio, anche se non lo considero il mio strumento principale, quello è indubbiamente la voce. Suonare è divertente e se ti piace puoi lasciarti prendere la mano come succede a me ogni volta. Ho passato molto tempo sui sintetizzatori per esempio, cerco sempre di usare degli esemplari originali vintage. Credo sia stato importante per me in questi due dischi dare una impronta molto personale alle canzoni suonando strumenti dove non sono assolutamente un virtuoso e poi il processo è stato completato nel caso di Solo al sole anche da una banda di amici che ho voluto coinvolgere, musicisti che stimo molto, cito su tutti i tre con cui ho collaborato di più, cioè Marco Biagiotti (The Vickers, Pitchtorch) alla batteria e le percussioni, Danilo Scuccimarra (Bluebeaters) al pianoforte e al rhodes, Francesco Marchi (The Vickers) alla chitarra elettrica/slide, quest'ultimo è anche il regista del videoclip di "Solo al sole".

Sempre nel brano Solo al Sole si ha la sensazione di essere in una bolla introspettiva dolorosa ma la base divergente allegra e spensierata è illusoria. Il contrasto è notevole, e si riscontra anche nella canzone Cenere per esempio. Ci abbiamo visto giusto?

Direi che avete buon occhio! E' una cosa che mi ha sempre affascinato di un certo modo di fare canzone pop, sono un grande fan degli Smiths non a caso, che nell'accoppiare musica allegra con testi tristi sono assolutamente dei maestri, oppure mi viene da pensare a "Conphiteor" di Piero Ciampi. Alcune canzoni sono dei viaggi, sono un percorso che parte da un punto per arrivare ad un altro. Nello specifico la canzone "Solo al sole" è un viaggio introspettivo e doloroso come giustamente lo avete definito voi. Il brano cresce partendo da un'introduzione che ti chiama verso un'atmosfera di attesa e poi arriva ad aprirsi ed esplodere nel ritornello dove quindi il tono è indubbiamente più solare. Penso che rappresenti me, o almeno credo. Raramente sono totalmente felice o completamente triste, mi sento quasi sempre a metà e mi piace mischiare tutto in un modo un po' surreale se vogliamo. Penso che la vita confonda il tragico e l'allegro continuamente, quindi per me quel tipo di canzoni che sono divise tra l'atmosfera triste ed allegra sono tutto sommato normali, non sono particolari, sono scherzose e forse nonsense come lo è l'esistenza.

Con il nuovo disco Solo al Sole uscito il 13 Novembre cosa speri di comunicare al tuo pubblico, il tuo fanbase e chi ti supporta o anche a chi si interfaccia a te per la prima volta?

Voglio comunicare con chi ha voglia di comunicare, questa è l'unica cosa che mi sento di dire. Sono consapevole che il mio disco può toccare corde che sono universali, la tristezza e la felicità sono dell'uomo, e sono anche consapevole che è un lavoro che può richiedere tempo e attenzione, ecco perchè non escludo e precludo nessuno, voglio rivolgermi a tutti, a tutti quelli che hanno voglia di musica fatta con verità e passione e che hanno voglia di dedicare tempo ad ascoltare i pensieri musicali di un altro essere umano. Non amo la musica snob o troppo inaccessibile, sono innamorato del pop, quello fatto bene, con sensibilità e verità, che è poi il genere musicale più difficile in assoluto, come tutto quello che richiede lo stare in certi limiti e la ricerca dell'equilibrio. Spesso in Italia c'è una grossa difficoltà nel capire cosa è veramente il pop.

E' un progetto, l'Albero, con grandi influenze musicali; parlacene un po'.

Quello che cerco di fare io è trovare l'equilibrio tra la passione che ho per la musica in inglese di stampo anglosassone e non solo (amo la musica francese e brasiliana per esempio) e quella che il reputo la migliore canzone d'autore italiana, e penso a Luigi Tenco, Lucio Battisti, Pino Daniele, Franco Battiato. Questi ultimi nomi che ho citato hanno fatto in passato l'operazione di cui parlo. Trattare la voce, la parola, come un suono, non come qualcosa in una posizione subordinata o superiore rispetto alla musica. La voce è un suono, è per quello che a volte penso di fare musica in italiano e non musica italiana, che sono due cose diverse. I grandi autori che ho citato sopra sono riusciti a fondere i loro ascolti stranieri con il loro essere italiani, creando così una forma di canzone italiana ma anche non italiana allo stesso tempo, un suono internazionale. Non è un caso che negli ultimi anni siano apparsi all'estero sempre più articoli sulla musica italiana di un certo tipo (penso che Anima Latina di Battisti sia un disco di livello mondiale, nemmeno europeo, tanto per intenderci). La nostra musica cantautorale può essere una grande cosa, il passato ce lo ha dimostrato, ciò che è stato può essere di nuovo. La nostra musica cantautorale può essere sperimentazione, scoperta, cultura, ironia e tante altre cose ancora. Vorrei che la musica fosse intesa sempre per quella che è, cioè un suono. Cerco il suono giusto per me, che è una sintesi di tante cose e questo disco rappresenta un primo serio sforzo in quella direzione.

Tra questi c'è Pino Daniele, potessi scegliere una sua canzone da consigliare a chi non lo conosce quale sarebbe?

Considero la musica di Pino Daniele una vera e propria operazione culturale, tra le più riuscite in ambito internazionale. Partire dalle radici della musica napoletana, abbracciare il blues, il jazz, la bossanova, la musica latina, la canzone d’autore italiana, e farlo con un atteggiamento da “Masaniello” è qualcosa di enorme, è qualcosa di grande a livello mondiale. Per uno che non lo conosce partirei da qualcosa di non troppo specifico, diciamo "Je sto vicino a te".

E' peculiare inserire ben due pezzi strumentali nell'album. (Noia e illuminazione e Il mattino ha l’oro in bocca). Cosa c'è dietro questa scelta?

C'è l'amore per la musica strumentale, ancora meglio se fatta da artisti italiani come Piero Piccioni, Piero Umiliani, Teo Usuelli, Stelvio Ciprani. Nei dischi di musica cantautorale di un tempo si potevano trovare brani strumentali, quindi potrei dire "cantautori senza le parole", che suona come un paradosso, ma è la realtà. E' un'abitudine che si è persa nel tempo. Non ci sono solo i concetti espressi con le parole, c'è anche la musica, questo non va mai dimenticato. Ecco, come nella vita quotidiana non sempre le parole sono necessarie, così è nella musica, almeno per come la intendo io. Quei due brani che ho inserito esprimono esattamente la sensazione che sta dentro le parole dei rispettivi titoli. Se avessi scelto di affidare alle parole la descrizione di quelle giornate che sono fatte di noia e illuminazione il risultato sarebbe stato sicuramente differente, più banale e meno incisivo. Così per "Il mattino ha l'oro in bocca", volevo cogliere quella magia che solo il mattino ha rispetto alle altre ore della giornata, non avevo bisogno di parole per farlo.

Hai suggerimenti per artisti e persone del campo per affrontare al meglio la situazione attuale che limita molto in questo settore già difficile di per sé?

Quello che mi sentirei di suggerire è di non avere fretta. La situazione del settore musicale in Italia è da sempre difficile, di sicuro non mi spaventa la pandemia, i problemi che ci sono esistono da anni; questo paese ha un rapporto molto difficile con l'arte, ammesso che la musica qui sia considerata tale, e nutro dei dubbi a riguardo. Se uno è musicista posso consigliare solo di dedicarsi a suonare e scrivere, e di non aver fretta di ritornare a suonare, magari facendo concerti in streaming che sono secondo me molto antidemocratici e avvilenti se paragonati a quello che la vera musica dal vivo può offrire. Gli streaming live funzionano solo se si hanno a disposizione budget molto grossi, diventa qualcosa di diverso dalla musica live. Per cui mi sento di dire che bisogna avere pazienza, nel frattempo noi musicisti possiamo dedicarci a noi stessi, al nostro miglioramento e alla sopravvivenza economica, mettendo in conto che se scegli di fare musica dovresti essere consapevole di quello a cui vai incontro.

Ti saluto con l’ultima domanda: cosa vedi nel tuo futuro e quello del cantautorato italiano?

Nel mio futuro per ora vedo tanta musica da scrivere e suonare. Appena ci sarà la possibilità di suonare live porterò in concerto questo disco, di più è difficile dire in questo periodo così difficile e incerto che stiamo vivendo. Per quanto riguarda il cantautorato italiano non saprei, ci sono alcune cose che ritengo buone e artisticamente di valore, tante altre invece non mi interessano e credo portino fuori strada la cosiddetta musica d'autore. Ultimamente noto questa tendenza a mettere insieme tutti i generi in un gran calderone. Io credo in chi ha qualcosa da dire e non tutti fanno musica perchè gli è necessaria. Ecco, mi auguro un po' più di distinzione in futuro tra i generi, non perchè uno debba prevalere su un altro a livello intellettuale (l'intellettualismo snob da quattro soldi non mi interessa), proprio invece per l'esatto contrario, per dare spazio a tutti, in luoghi e tempi diversi, per non abusare della parola artista, oggi tutti sono artisti, tutti i dischi sono belli etc...le cose non stanno così, ci vuole più attenzione e serietà. Per me la musica è una cosa seria.

A presto ragazzi, grazie!

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