Intervista: Måneskin

Intervista: Måneskin

Articolo ed intervista contributo da Paola Paniccia di Futura 1993, il network creativo creato da Giorgia e Francesca che attraversa l’Italia per raccontarti la musica come nessun altro.

I Måneskin sono la band che ha rivoluzionato la scena rock italiana, quelli che a meno di vent’anni sono stati capaci di riportare il rock in Italia quando tutti ormai lo davano per morto. Nel loro esordio a Sanremo con il brano Zitti e Buoni, hanno riempito il palco dell’Ariston con la loro identità musicale e la loro cifra stilistica. La dimensione live è ciò che necessita il brano stesso, che farà parte dell’album Teatro d’Ira – Vol. I, annunciato in questi giorni, in uscita il 19 marzo. La band ha anche comunicato le loro prime date nei palazzetti, previste il 14 dicembre a Roma ed il 18 a Milano. Abbiamo assistito alla conferenza stampa dei Måneskin e ci abbiamo fatto quattro chiacchiere, per parlare un po’ di tutte le novità di questi giorni.

Zitti e Buoni è un brano che nasce prima della loro esperienza televisiva a X-Factor, durante i loro primissimi mesi di convivenza. Ha subito molte modifiche nel tempo perché è nato con un’identità molto diversa, poi negli anni è stato sempre riadattato al tipo di sound che la band stava sviluppando in quel momento, fino ad arrivare alla versione sanremese, successiva al tour in Italia, al tour in Europa e all’esperienza a Londra… Tutte situazioni che hanno modellato i Maneskin sia nella dimensione personale, che di gruppo e di sound.

In molti si chiedono a chi è rivolto questo Zitti e Buoni:

Damiano: «Noi non ci rivolgiamo a qualcuno in particolare, semplicemente vogliamo che sia chiara la nostra dichiarazione di intenti, cioè che siamo una band musicale che ha studiato per avere un sound ed un’identità riconoscibile, ed una volta arrivati alla maturazione ed il riconoscimento da parte nostra di tale identità noi affermiamo “Noi siamo questi, questa è la nostra strada, il nostro progetto la nostra musica e nessuno potrà mai spostarci da questo”».

Victoria: «L’idea di portare questo brano a Sanremo ci è venuta in maniera molto naturale: mentre stavamo scrivendo le altre tracce del nostro album che uscirà a marzo, quando abbiamo chiuso Zitti e Buoni abbiamo pensato “Wow, questo brano ci rispecchia un sacco, è così sbagliato per Sanremo che quasi diventa giusto”. Una cosa di cui siamo fieri è salire su un palco importantissimo e storico esprimendo la nostra essenza al 100%, senza rispettare nessun tipo di canone prestabilito: credere davvero in ciò che si fa, genuinamente ed in modo trasparente, è un’attitudine che emerge e ripaga. Siamo davvero felici di ottenere questi risultati con un brano del genere che ha un sound molto duro e diverso da quello che è in cima alle classifiche di questi tempi. Ma è anche questo un messaggio per noi importantissimo: mostrare che anche questo genere esiste, e noi non vogliamo imporci limiti ed incasellarci in un genere alla moda, vogliamo semplicemente fare ciò che ci piace».

Per i loro look glam-rock hanno fornito ad Etro le loro reference, cioè foto di gruppi o artisti a cui si ispirano, creando dei mix sia a livello ideologico che di genere, sempre coerenti con i loro gusti artistici. Ad esempio, indossare il corsetto nella terza serata è stato per loro un modo per abbattere gli stereotipi di genere, per il fatto che un indumento sia categorizzato da donna o da uomo.

Durante la serata delle cover, il gruppo ha eseguito un’interpretazione magistrale del brano Amandoti dei CCCP, duettando con il frontman degli Afterhours, Manuel Agnelli, con cui la band coltiva un forte rapporto di amicizia, affetto e stima reciproca sin dai tempi della loro partecipazione a X-Factor. La loro esibizione è stata il momento più visto su RaiPlay.

Victoria: «Avere come nostro ospite Manuel e portare un brano dei CCCP, che sono un gruppo storico che ha fatto da spartiacque in Italia per il genere rock alternativo post-punk, è stata per noi una scelta per dare luce a questo tipo di musica. Anche l’idea di duettare con Manuel ci è venuta in modo naturale perché anche lui è una colonna portante di questo genere in Italia, quindi è stato davvero fantastico interpretare un brano del genere con una figura come lui. È sempre stato il primo a spronarci ad essere sempre noi stessi e non farci imporre niente da nessuno, quindi è stato davvero bello condividere questa esperienza. Anche nell’arrangiare il brano ci siamo sentiti molto liberi: pensiamo che la cosa più giusta da fare per una cover sia dare la propria impronta al brano, per esprimere qualcosa in più dandovi una nuova vita, ma allo stesso tempo senza snaturarlo eccessivamente».

Thomas: «Nel nostro album in uscita il 19 marzo si parla infatti proprio di naturalezza: sarà un po’ il racconto di quello che abbiamo vissuto in questi ultimi anni: in giro durante il tour, una vita di momenti, i backstage, la nostra esperienza a Londra che ci ha formato veramente tanto, dove abbiamo avuto l’opportunità di cogliere una scena piena di tanti musicisti, tante band che ti danno molti spunti per scrivere. Tutto questo percorso l’abbiamo registrato al Mulino Recording che è un celebre studio ad Acquapendente (VT), dove abbiamo avuto l’opportunità di registrare un album crudo, e questa casa-studio ci ha permesso di tirare davvero fuori noi stessi attraverso la musica, tramite tutte le opzioni che questo posto poteva dare, ad esempio il fatto di poter registrate tutto in analogico in presa diretta: avevamo il bisogno di far emergere la parte musicale più impattante ed emozionale. Ci saranno pezzi molto a tempo e con un’intensità molto forte. Ci siamo divertiti molto nella composizione di quest’album, che si presta molto all’approccio live».

Ethan: «La cosa più bella in assoluto è il fatto che lo studio è un casale del 1600 ristrutturato negli anni ’80, quindi noi dormivamo praticamente nello studio: questo ci permetteva anche di notte di poter cogliere l’ispirazione, quindi scendere in studio, buttare giù l’idea, registrare, e scrivere l’idea quindi nata lì sul momento. Per noi questo ha fatto tanto la differenza dato che noi nasciamo in una dimensione live, quindi scrivere l’album con un approccio live è la cosa che più ci ha rappresentato in assoluto. I prossimi concerti saranno quindi un coronamento di tutto questo percorso.

Ci tenevamo a sottolineare che questo progetto deriva da un grande lavoro ed un impegno che dura da tanto tempo, rappresenta appieno la nostra crescita ed il percorso che abbiamo fatto fino ad adesso con tutte le varie influenze che abbiamo avuto, sia a livello tecnico che a livello di studio dei singoli strumenti, abbiamo raggiunto una maturazione individuale che poi si è riflessa nella maturazione collettiva».

Per quanto riguarda il titolo dell’album – Teatro d’Ira – Vol. I, hanno voluto giocare con l’accostamento fra il Teatro e l’Ira, poiché il teatro è un luogo che viene spesso accostato a qualcosa di elegante e raffinato, mentre loro hanno voluto posizionare l’ira in un luogo del genere proprio per dare l’idea che non è una rabbia distruttiva ma una rabbia dalla quale nasce qualcosa di positivo e costruttivo. Possiamo definirla quindi una rabbia catartica che spinge alla rivoluzione.

Il videoclip di Zitti e Buoni è stata una loro idea, confrontandosi ovviamente anche con il regista, vedendo varie cose che potevano dar loro ispirazione, che sia un quadro o un video di un altro gruppo.

Damiano: «Il video in pellicola ci ha soddisfatti davvero tanto, abbiamo voluto portare il live anche nel video. Siamo andati a Sanremo con aspettative molto basse, con un pezzo “scomodo”, non in linea con quello che è il contesto. In realtà poi il feedback esterno ci ha stupiti perché abbiamo ottenuto streaming e risposte sui social importanti per un pezzo del genere a Sanremo». Il singolo di esordio sanremese ha raggiunto infatti quasi un milione di stream sulle piattaforme digitali.

Ci si chiede però come sia possibile che una band di ventenni abbia un concept ed un immaginario così ben definito che non sembra appartenere a questa epoca:

Thomas: «Abbiamo un background molto importante a partire dai nostri genitori che ci facevano ascoltare band come i Red Hot Chili Peppers, mentre la maggior parte dei ragazzi oggi non ha più la concezione di avere una chitarra elettrica, c’è un altro andamento musicale, quindi siamo fieri di poter riportare in auge il rock & roll analogico. Speriamo infatti che magari qualche ragazzo/a vedendo le nostre esibizioni ne tragga ispirazione, e siamo certi che prima o poi torneranno le sale prove ed i foglietti appesi nei negozi di dischi».

L’attitudine dei loro coetanei è rivolta maggiormente verso uno stile trap o emo-trap, ma i Måneskin sono stati capaci di costruirsi una fanbase solida, un concetto che, data la mole di uscite attuali, è tutto fuorché scontato:

Victoria: «I nostri fan che ci seguono da quando siamo andati ad X-Factor si sono rivelati molto aperti mentalmente sia durante i nostri concerti, sia adesso con questo nuovo genere a cui ci stiamo rapportando. Ciò che piace loro davvero è cosa esprimiamo e come lo esprimiamo, a prescindere dal genere, ci seguono per ciò che siamo».

Damiano: «Tendiamo a non fare troppe valutazioni, noi facciamo il nostro, anche perché spesso ci accusano di presuntuosità ma in realtà siamo tutt’altro. Spenti i riflettori noi li accendiamo in sala, scriviamo la nostra musica, cerchiamo di maturare e solidificare la nostra identità ed il nostro sound e lo proponiamo al pubblico. Siamo soddisfatti di ciò che facciamo. La sincerità nella musica paga e noi siamo molto sinceri nella nostra musica».

I Måneskin sono pronti a prender tutto quello che spetta loro, ed il palco dell’Ariston è solamente un punto di partenza. Noi di Futura 1993 aspettiamo con ansia tutte le loro novità, e speriamo di poter assistere finalmente ai loro live esplosivi.

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